lunedì 2 maggio 2016

Umberto Saba - "A mia moglie"

Saba compose questa lirica nel 1911 e la giudicò fin da subito la sua poesia più bella. In essa l'amore per la moglie Lina si esprime in modo davvero insolito, attraverso una serie di paragoni con le femmine di alcuni animali: la gallina, la giovenca, la cagna, la coniglia, la rondine, la formica, l'ape. La stessa moglie del poeta in un primo tempo si sentì quasi offesa da tali accostamenti; in realtà il componimento è pervaso da un sentimento di intensa tenerezza e dolcezza, accentuate entrambe da un tono apparentemente ingenuo, quasi infantile: il poeta guarda al mondo della natura nei suoi aspetti quotidiani con occhi semplici, avvertendo in essa le migliori qualità e la condizione di maggiore vicinanza a Dio.

Tu sei come una giovane
una bianca pollastra.
Le si arruffano al vento
le piume, il collo china
per bere, e in terra raspa;
ma, nell'andare, ha il lento
tuo passo di regina,
ed incede sull'erba
pettoruta e superba.
È migliore del maschio.
È come sono tutte
le femmine di tutti
i sereni animali
che avvicinano a Dio,
Così, se l'occhio, se il giudizio mio
non m'inganna, fra queste hai le tue uguali,
e in nessun'altra donna.
Quando la sera assonna
le gallinelle,
mettono voci che ricordan quelle,
dolcissime, onde a volte dei tuoi mali
ti quereli, e non sai
che la tua voce ha la soave e triste
musica dei pollai.

Tu sei come una gravida
giovenca;
libera ancora e senza
gravezza, anzi festosa;
che, se la lisci, il collo
volge, ove tinge un rosa
tenero la tua carne.
se l'incontri e muggire
l'odi, tanto è quel suono
lamentoso, che l'erba
strappi, per farle un dono.
È così che il mio dono
t'offro quando sei triste.

Tu sei come una lunga
cagna, che sempre tanta
dolcezza ha negli occhi,
e ferocia nel cuore.
Ai tuoi piedi una santa
sembra, che d'un fervore
indomabile arda,
e così ti riguarda
come il suo Dio e Signore.
Quando in casa o per via
segue, a chi solo tenti
avvicinarsi, i denti
candidissimi scopre.
Ed il suo amore soffre
di gelosia.

Tu sei come la pavida
coniglia. Entro l'angusta
gabbia ritta al vederti
s'alza,
e verso te gli orecchi
alti protende e fermi;
che la crusca e i radicchi
tu le porti, di cui
priva in sé si rannicchia,
cerca gli angoli bui.
Chi potrebbe quel cibo
ritoglierle? chi il pelo
che si strappa di dosso,
per aggiungerlo al nido
dove poi partorire?
Chi mai farti soffrire?

Tu sei come la rondine
che torna in primavera.
Ma in autunno riparte;
e tu non hai quest'arte.
Tu questo hai della rondine:
le movenze leggere:
questo che a me, che mi sentiva ed era
vecchio, annunciavi un'altra primavera.

Tu sei come la provvida
formica. Di lei, quando
escono alla campagna,
parla al bimbo la nonna
che l'accompagna.
E così nella pecchia
ti ritrovo, ed in tutte
le femmine di tutti
i sereni animali
che avvicinano a Dio;
e in nessun'altra donna.

Tratta dal Canzoniere, sezione Casa e campagna



Commento:
Di questa poesia mi ha affascinato la scelta del poeta di paragonare l’uomo agli animali, paragone che avrebbe istituito anche un ragazzo o addirittura un bambino nel descrivere la sua amata.
Inoltre questa lirica si avvicina all’età della vita che sto vivendo, l’adolescenza: un’età di spontaneità, innocenza e semplicità.

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